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Come aprire un hotel? Avvertenze per i nuovi albergatori

Contrariamente a quello che si potrebbe pensare dal titolo, non intendiamo offrire un tutorial scritto per insegnare come si apre un albergo: si possono fare danni anche semplicemente gestendo un chiosco di gelati o un banco di frutta al mercato, non serve aver studiato. Ma, allo stesso modo, non basta avere un patentino o aver frequentato un corso abilitante alla professione per poter affermare che si è diventati imprenditori in un certo settore. I requisiti formali sono una cosa, quelli sostanziali decisamente altro: l’avvocato Agnelli affermava che se avesse dovuto gestire un’edicola sarebbe riuscito a farla fallire.

L’impresa di aprire un hotel

Aprire un hotel è, in tutti i sensi, un’impresa: è rischiare senza sapere prima tutto quello che accadrà poi, cominciare un cammino del quale si possono solo intravedere gli snodi e l’evoluzione. Come in qualunque attività imprenditoriale, anche per aprire un hotel ci vogliono gli “spiriti animali” di keynesiana memoria, ovvero quell’istinto che rende l’uomo desideroso di avventurarsi, osare, mettere tutto il proprio impegno. Se non avete gli spiriti animali non procedete nella lettura, si deve rispettare il proprio temperamento e le proprie inclinazioni e non inventarsi una vocazione che non si possiede. Soprattutto, al di là dell’impegno personale, occorre sempre ricordare che diventare imprenditori significa rischiare anche i propri soldi.

Fare l’albergatore è un’impresa come un’altra, ma ciò non significa che chiunque possa improvvisarsi titolare o gestore. I dati riguardanti le realtà neo-costituite, in tutti i settori, ci ricordano che il tasso di mortalità delle imprese nei primi tre anni di vita è elevatissimo. Ciò accade principalmente perché si inizia a “intraprendere” solo per crearsi un posto di lavoro o senza aver pianificato adeguatamente obiettivi e risorse necessarie per raggiungerli, oppure ancora perché ci si è semplicemente troppo indebitati, facendo il passo più lungo della gamba.

Criteri di redditività e sostenibilità

Dunque, come cominciare? La scelta se gestire un albergo altrui o acquistare una struttura di cui essere proprietari deve rispondere unicamente a criteri di tipo “industriale”, ovvero di efficienza, di redditività e di sostenibilità. Acquistare un albergo semplicemente perché si tratta di un immobile (e si sa, “gli immobili si rivalutano sempre”) rischia di far pesare logiche speculative in una decisione che dovrebbe essere unicamente congrua e coerente con i due obiettivi fondamentali della gestione di qualunque impresa: il perseguimento delle condizioni di equilibrio economico e, parallelamente, di equilibrio finanziario, all’interno di una struttura patrimoniale sostenibile.

Pensare invece che gestire una struttura altrui sia meglio in quanto “se le cose vanno male si può abbandonare la barca prima che affondi” oppure ancora perché “intanto vediamo come ce la caviamo, poi magari compreremo qualcosa di nostro”, limita l’orizzonte delle decisioni alla semplice sopravvivenza, incatena a logiche di breve periodo e lascia la gestione senza prospettive.

La validità delle scelte gestionali non dipende dalla proprietà dell’azienda alberghiera, destinata ad accogliere le decisioni riguardanti prezzi, organizzazione, qualità dell’accoglienza e preparazione del personale: i passi da compiere dovranno infatti riassumersi in un piano pluriennale, che simuli l’evoluzione della gestione e stimi il fabbisogno di risorse, non solo finanziarie, necessarie per partire.

Investimento iniziale: a quanto ammonta?

La prima decisione da assumere riguarda quindi, inevitabilmente, l’ammontare dell’investimento iniziale necessario per partire. Sia che si decida di acquisire un hotel già esistente, sia che si valuti più opportuno affittare l’azienda, il punto di partenza consisterà nel valutare l’adeguatezza delle risorse disponibili rispetto all’obiettivo. A tal proposito è bene considerare che le risorse necessarie alla gestione corrente si sommano a quelle dell’investimento iniziale, e anche se il ciclo monetario dell’hotel si caratterizza per assenza di capitale circolante commerciale (non ci sono rimanenze e le prestazioni sono pagate quasi simultaneamente all’erogazione), inevitabilmente gli inizi dell’impresa saranno caratterizzati da un fabbisogno finanziario la cui esatta determinazione sarà tanto più necessaria quanto maggiore è il ricorso al capitale di rischio.

Quest’ultimo serve ad attenuare e ridurre il rischio che grava su qualunque tipo di gestione, tanto più elevato quanto maggiore sarà il capitale investito. Ne deriva una duplice serie di considerazioni: qualora l’albergo dei neo-imprenditori sia acquistato occorrerà in primo luogo determinare quante risorse proprie gli stessi intendono investire (la differenza dovrà essere colmata mediante debito bancario), mentre la sostenibilità sarà posta a carico dei flussi di cassa della gestione corrente nel corso degli anni a venire.

Quando la struttura è di proprietà di terzi

Qualora invece la scelta ricada sulla gestione di una struttura di proprietà di terzi, per la quale si pagherà un affitto annuale, si dovrà procedere anzitutto a misurare su quale livello di fatturato si collochi il break even point, al fine di valutare la copertura dell’onere dell’affitto mediante i ricavi.

In entrambi i casi si tratta di procedere con la redazione di un piano di fattibilità che contempli tutte le assunzioni di tipo economico-finanziario e stimi l’evoluzione del fabbisogno con un orizzonte temporale di almeno 3/5 anni.

Prezzo reale o sovrastimato?

L’aspirante o gli aspiranti imprenditori alberghieri dovranno dunque misurare le proprie forze sul dimensionamento del capitale investito iniziale e quindi decidere quale tipo di albergo vorranno acquistare/gestire per servizi, camere, personale, etc… Tale notazione non deve essere ritenuta superflua o di poco conto, poiché accade sovente che i prezzi degli alberghi nella fase di compravendita o i canoni di locazione proposti dai proprietari siano superficialmente definiti “di mercato” e in quanto tali accettati senza valutarne la congruità. Il fatto che un proprietario richieda un certo prezzo o esiga un certo canone non ne determinerà automaticamente la convenienza e la congruità, che dovrà essere comparata alle effettive capacità del nuovo proprietario/gestore.

Il fatto che in passato siano stati comprati e venduti alberghi a prezzi di “affezione” non può influenzare la valutazione dell’acquirente, il quale non dovrà farsi trarre in inganno dalla richiesta eccessivamente esosa che, spesso, si traduce nella pericolosa conclusione: “se costa tanto, allora varrà sicuramente tanto”. Un prezzo sproporzionato in fase di acquisizione si ripercuoterà inevitabilmente su numerose voci del conto economico, a partire dall’ammontare degli ammortamenti spesati in bilancio per giungere al peso degli oneri finanziari, spesso esagerati in rapporto al risultato operativo.

In caso di affitto

Lo stesso ragionamento dovrà valere per la determinazione del canone di affitto che, impropriamente paragonato all’ammortamento o all’ammontare di un’eventuale rata di mutuo, dovrebbe viceversa rappresentare l’equo corrispettivo da pagare per gestire un’azienda che è già stata avviata da altri. Qualora infatti il canone di locazione si tramutasse in rendita, il suo valore rischierebbe di esulare dall’ambito economico con conseguenze assai dannose.

Nello specifico non è difficile immaginare che se il canone di locazione dell’azienda alberghiera risulta eccessivamente elevato, concretizzando la volontà della proprietà di lucrare una rendita e non di valorizzare l’azienda alberghiera, per l’affittuario si verificheranno condizioni gestionali molto sfavorevoli.

Il rischio dell’auto-sfruttamento

Così è verosimile immaginare che i neo-albergatori tenteranno di reggere l’urto di un costo oggettivamente elevato mediante auto-sfruttamento, sfruttamento intensivo della struttura, risparmio di costi (con inevitabile ricaduta sulla qualità del servizio offerto), prezzi non concorrenziali, un modo di lavorare poco sereno e orientato alla sopravvivenza, con pochi o nessun investimento.

D’altra parte i canoni di locazione eccessivamente elevati indurranno fatalmente a ragionamenti basati sul breve termine, poiché si è consapevoli di dovere, prima o poi, lasciare la struttura.

Questione di scelte: quale tipo di hotel aprire?

Riassumendo, prima di chiedersi come aprire un hotel, bisogna porsi la seguente domanda: “quale tipo di hotel voglio aprire?”. Il quesito riguarda pertanto il livello di servizio che si intende erogare, ovvero la qualità che sarà riassunta non appena dalle poche o tante stelle attribuite alla struttura, quanto piuttosto dalle scelte gestionali e dal contesto competitivo.

Aprire un hotel di lusso dove non ne esistono potrebbe essere un’idea di marketing azzeccata ma forse ci si dovrebbe anche domandare se per caso non si stia per inaugurare una cattedrale nel deserto.

In funzione delle scelte di mercato che saranno assunte si dovrà pertanto conformare tutta la struttura dell’offerta, dai servizi alla ristorazione, dalle tariffe alla preparazione del personale. Da queste scelte dipenderà la congruità del capitale investito, la sua proporzione con il fatturato che si intende realizzare e con il reddito atteso.

Conclusioni
Maggiori investimenti richiedono altrettanti finanziamenti, ma anche un capitale investito iniziale più elevato e una maggiore capacità restitutiva a fronte di un indebitamento più alto. Come è agevole immaginare, sia che si intenda aprire e/o gestire un agriturismo o una pensioncina economica, sia che ci si indirizzi a strutture più articolate e complesse, si dovrà fare il conto con le risorse disponibili, finanziarie e soprattutto umane.

In definitiva si può viaggiare su un auto di proprietà, utilitaria o berlina che sia, oppure a noleggio, comprata a rate o prestata da un amico: ma affinchè il viaggio valga la pena occorre avere ben chiara la destinazione.