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La programmazione economico-finanziaria e la fattibilità delle scelte strategiche aziendali

La programmazione economico-finanziaria è un tema che ci è caro e che per lunghi anni abbiamo studiato, sulla scorta di una passione accademica e professionale che nasce da lontano, dai tempi dell’università (come studenti) e dagli insegnamenti anche successivi di alcuni nostri maestri, fra i quali teniamo a citare il prof. Attilio Giampaoli. Fu proprio lui fra i primi a intuire (metà degli anni ’80) che tale tema fosse decisivo per il futuro della gestione aziendale. Una decina di anni dopo l’Associazione Bancaria Italiana ne faceva oggetto di uno dei punti più importanti del rapporto “Libro bianco sul rapporto banca-impresa”, purtroppo rimasto lettera morta nelle scelte di banchieri e di imprenditori.

La necessità dell’adozione di idonei strumenti di programmazione economico-finanziaria è sempre stata evidente per chiunque concepisse l’impresa non appena come una sorta di monolite sempre uguale a se stesso, ma come un organismo dinamico e vitale in continua evoluzione. La cultura aziendale/professionale e, fino a un certo punto, anche quella accademica hanno trascurato l’importanza di questo strumento, soprattutto in un Paese come il nostro tipicamente banco-centrico (o banco-dipendente), evitando accuratamente di utilizzarlo e di condividerlo.

A riprova di questo atteggiamento, culturale prima che tecnico, vi è la constatazione (spesso verificata) dell’utilizzo del solo budget delle vendite come strumento – del tutto parziale – di programmazione, trascurando gli aspetti di compatibilità finanziaria delle decisioni aziendali e le considerazioni che ne conseguono.

L’atteggiamento del sistema bancario e di quello imprenditoriale hanno fatto il resto, a partire dalla prassi del fido multiplo fino ad arrivare alla valutazione delle sole garanzie, trascurando i flussi di cassa. Non è infrequente del resto ascoltare imprenditori che attribuiscono alle acquisizioni di immobili un’impronta di maggiore solidità, di capitalizzazione, di rafforzamento dell’impresa, pur senza averne verificato convenienza e fattibilità.

La programmazione economico-finanziaria al centro del processo di valutazione


La programmazione economico-finanziaria poggia la sua necessità sull’importanza fondamentale che si deve attribuire alla valutazione, storica e prospettica, del fabbisogno finanziario d’impresa in termini di natura, qualità e durata. In altre parole deve mettere in grado l’imprenditore e i suoi collaboratori di comprendere l’evoluzione del processo di produzione, impiego e raccolta di risorse finanziarie all’interno della gestione, allo scopo di valutare in termini prospettici l’adeguatezza dell’autofinanziamento generato, la fattibilità degli investimenti, la sostenibilità del debito finanziario e la remunerazione del capitale investito.

L’utilizzo di adeguati strumenti per la programmazione spiega la necessità di misurare correttamente le conseguenze delle scelte di natura strategica, da un lato, e la loro declinazione operativa e l’impatto sulla vita aziendale dall’altro.

Il fabbisogno finanziario e la sua evoluzione prospettica, su un arco temporale che non dovrebbe superare i 3/5 anni, sono posti pertanto al centro di questo processo di valutazione. La loro corretta determinazione non può che originare una altrettanto corretta determinazione delle principali grandezze economico-finanziarie dell’impresa.

  • L’evoluzione del fatturato e dei principali margini gestionali.
  • La composizione delle risorse utilizzate.
  • Il peso dei nuovi investimenti (dopo averne verificato la convenienza e la fattibilità).
  • Il carico di oneri finanziari che il prevedibile ricorso a nuovi finanziamenti comporterà.

Dovrà inoltre essere analizzato il mutamento nel tempo della composizione del c.d. Stato patrimoniale finanziario, che nella sua composizione essenziale vede negli impieghi il capitale fisso e quello circolante netto operativo, nelle fonti i mezzi propri e i debiti finanziari. Si renderà pertanto necessario procedere alla costruzione di bilanci di previsione, di rendiconti finanziari prospettici, di una struttura finanziaria congrua e coerente rispetto alle necessità aziendali, sia in termini di solidità sia in termini di protezione dai rischi.

La fine del processo: gli effetti


Al termine del processo di programmazione economico-finanziaria l’imprenditore e i suoi collaboratori, i manager, i consulenti coinvolti nella redazione del documento avranno modo di poter giudicare quali siano gli effetti delle decisioni strategiche che stanno per essere assunte, comprese quelle più negative. Il processo infatti non necessariamente si conclude con una decisione positiva e il varo delle nuove iniziative potrebbe a ragion veduta subire dei ritardi o dei rinvii qualora si ravvisi l’esistenza di problemi di convenienza, compatibilità e fattibilità.

Da ultimo è bene ricordare che la programmazione economico-finanziaria d’impresa si inserisce correttamente in un contesto nel quale l’azienda è già sufficientemente in grado, in via autonoma, di poter produrre informazioni contabili atte perlomeno a delineare un giudizio corretto sullo stato dell’arte da cui la realtà imprenditoriale muove i suoi passi in direzione del futuro.

In definitiva potrà funzionare correttamente solo laddove siano già presenti, anche a mezzo di consulenti, strumenti e metodologie di chek-up aziendale e di controllo di gestione.