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Il piano forte, ovvero, la forza del piano.

A cura del Prof. Dott. Alessandro Berti.

Un’interessante articolo di C.F. Giampaolino apparso sul Sole24 Ore del 29 settembre commenta la seconda sentenza della Cassazione (n. 24725) che “risistema la materia del finanziamento all’impresa in crisi”. Il succo della sentenza è riportato dall’autore dell’articolo quando afferma che “prestare a un’impresa in crisi è lecito e atto di autonomia privata e parte di attività di impresa, sia all’interno di procedura, sia al di fuori delle stesse; ciò che rileva non è il fatto in sé che l’impresa finanziata sia in stato di crisi o di insolvenza, pur noto al finanziatore: per configurare l’illecito quel che rileva è unicamente l’insussistenza di fondate prospettive, in base alla ragionevolezza e a una valutazione ex ante, di superamento di quella crisi. In sostanza, sovente il confine tra finanziamento meritevole e finanziamento abusivo si fonderà sulla ragionevolezza e fattibilità del piano aziendale”.

La sentenza, della quale peraltro non è ancora disponibile la massima, sembra cadere a proposito, e in maniera quanto mai opportuno, nel momento in cui, decorsi ormai 90 giorni dall’entrata in vigore degli Orientamenti EBA in materia di concessione di prestiti, tutto tace e, come probabilmente avverrà, è lecito attendersi una più lenta e graduale introduzione delle prescrizioni in esso contenute, per dare modo alle banche non solo di adattarvisi, ma anche di condividerle con la propria clientela.

Eppure, senza frapporre indugio, e a legislazione vigente, quindi senza bisogno di un nuovo quadro normativo e regolamentare quale quello disposto dai LOM, anzi, potendo contare su uno strumento giuridico, quello della fattispecie della concessione abusiva di credito ormai ben rodato, ciò che appare ben chiaro dalla sentenza che è stata commentata riguarda l’importanza, ormai acclarata, della redazione dei piani economico-finanziari d’impresa, che in modo serio e credibile, documentino l’evoluzione della gestione e, così come è giusto aspettarsi, illustrino come e qualmente l’impresa stessa sia in grado di rimborsare i propri debiti, facendo fronte alle proprie obbligazioni passive in maniera ordinata e alle scadenze pattuite.

Dunque non del peso e del balzello di una nuova e più gravosa incombenza sulle imprese stiamo parlando ma di uno strumento, quello del piano economico-finanziario, sia esso attestato o no, nell’impresa in crisi o no, che evita di per sé stesso la possibilità che la banca possa essere chiamata a rispondere della fattispecie concorsuale della concessione abusiva di credito, proprio perché il finanziamento è stato deciso sulla base di un documento ritenuto credibile e realizzabile, presentato dal prenditore.

Non siamo così ingenui da pensare che una sentenza della Cassazione possa fare primavera, nella stagione di un rapporto banca-impresa pare essersi assestato sul doppio binario garanzie FCG-moratorie. Ma pensiamo che divenga sempre più necessario, non per ragioni legali ma per ragioni culturali, insistere sulla crescita della cultura d’impresa, sia attraverso i suoi principali riferimenti consulenziali, sia attraverso le banche stesse. Solo in questo modo, ovvero con una pianificazione condivisa e con scelte consapevoli, il nostro sistema economico potrà valersi non solo di imprese che stanno facendo il loro dovere (la crescita del PIL al +6% lo testimonia) ma anche di banche che, in un quadro di partnership e collaborazione, le aiutano a crescere e migliorare.