Devono averlo messo nei programmi delle Scuole di Management e a me è sfuggito, forse…
Intervista del professor Berti su Unicredit-BancoBpm
Banco Bpm: Berti (UniUrb), Golden Power? Non consentita da regole Ue e libero mercato Milano, 28 nov. (LaPresse)- “Sulla mossa di Piazza Gae Aulenti lo Stato non può esercitare il Golden power in base alle regole europee e stante il regime di libero mercato. E non serve tirare in ballo la questione dell’eventuale scalata alla tedesca Commerzbank”. Lo dice a LaPresse Alessandro Berti, professore associato di tecnica bancaria e finanza aziendale presso la Scuola di Economia dell’Università degli studi di Urbino Carlo Bo, interpellato sull’Ops di UniCredit che ha per oggetto Bpm. “Attualmente – afferma Berti- checché ne dica Salvini sull’ italianità da difendere e contro i monopoli, alla Bce invece piacciono gli oligopoli bancari molto concentrati, dove grossi player si giocano il mercato, perché sono più facili da vigilare e più stabili. A Francoforte infatti si cerca di evitare i problemi che potrebbero esserci se saltasse Deutsche Bank e quelli derivati negli ultimi 10/15 anni da istituti come le banche di credito cooperativo, le Bcc, e le casse rurali in Italia, raggruppate ‘forzosamente’ dall’ex premier Renzi. Perché il tema per l’Eurotower è rafforzare il capitale attraverso fusioni ai fini della stabilità del sistema”. “Anche se – prosegue Berti-va detto che la stabilità del sistema è nemica dell’efficienza e della competizione, perché di fatto crea oligopoli. Infatti, ogni volta che si verificano economie di scala, crescita per aggregazioni e M&A i benefici se li mettono in tasca gli azionisti e non i clienti” E dal punto di vista dell’italianità da difendere, invocata dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, secondo Berti “il tema è chiamato in causa a sproposito. E la questione proprio non si pone. Anzi, è meglio che sia UniCredit a fare l’operazione piuttosto che Crédit Agricole, che tra l’altro è dentro Intesa Sanpaolo, banca di sistema italiana per eccellenza. Crédit Agricole è una banca straniera, che opera con criteri assolutamente apolidi e certamente non è di sistema, ma è una realta che mira più a un modello come HSBC, cioè una mega banca che non è da qualche parte in particolare, ma è dappertutto”. “Ecco, nel caso di una operazione targata Crédit Agricole, vera banca straniera in Italia, allora ci sarebbe il tema del Golden Power”, rimarca Berti. Altro aspetto oggetto del dibattito politico sul risiko bancario è la vigilanza. “Quando si dice dov’è Banca d’Italia – sostiene Berti- Bankitalia non può dire nulla fino a quando non riceve il piano industriale e da lì capisce cosa vuol fare UniCredit. Poi magari l’Antitrust farà richiesta di chiudere degli sportelli, per non cadere nell’abuso di posizione dominante. E certo anche il rischio esuberi, paventato dal Ceo di Bpm Giuseppe Castagna ai suoi dipendenti ci sarà, ma questo pericolo comunque esiste già con l’intelligenza artificiale. E’ solo da capire quando impatterà: se non il prossimo anno, sarà in quelli subito dopo”. Quando oggi si parla di Bpm si parla di una banca che certo non é più la Popolare di Milano: “quando – spiega Berti-faceva scelte di governance influenzate dal fatto che i dipendenti erano soci e azionisti, quando cioè Popolare Milano era una cooperativa col meccanismo di ‘una testa un voto’”. Poi anche la Banca Popolare di Milano è diventata una S.p.A. “E il potere degli azionisti soci si è azzerato”, ricorda Berti, secondo cui la vicenda di Monte Bpm ‘preda’ di UniCredit ha grandi analogie con quella di Intesa Sanpaolo che compró Ubi. “Allora – osserva Berti – Ubi respinse l’offerta argomentando che la banca valeva molto di più. Ma quando Intesa rilanció, Ubi cedette. Hanno un bel dire coloro che ora parlano di una Ops ostile di UniCredit”. E’ ostile – fa notare il professore- “solo perché non l’hanno concordata”. Per Berti tutto fa pensare che anche la vicenda di piazza Meda “andrà nello stesso modo di Intesa-Ubi” e che il nodo sta “nel possibile rialzo dell’offerta da parte del gruppo” guidato da Andrea Orcel.Bpm, come Bper e come Mps, è una banca non piccola, ma neanche grande. “Se UniCredit, che con un’offerta pubblica di scambio, carta contro carta, senza quindi tirare fuori soldi, alza un po’ il rapporto di scambio e offre un po’ più di azioni di piazza Gae Aulenti- prosegue Berti- io credo che la cosa passerà. Perché a Bpm la piccola dimensione non conviene. La bocciatura dell’Ops da parte di Banco Bpm rappresenta al momento solo una fase interlocutoria” “Quello che è certo – conclude – è che per lo Stato ora resta il problema Mps. Dopo il risanamento il governo sperava di darla a Bpm e invece così gli resta il cerino in mano del mancato incasso della privatizzazione”.