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Se lo stage 2 cresce del 50%

Questo, perlomeno, è quanto affermato da Banca d’Italia, per bocca del Governatore Visco qualche tempo fa; la notizia, unitamente a quella che registra una crescita del deteriorato del 27% (fonte: Bankitalia) non può che far riflettere sull’incerto futuro dell’operatività bancaria, italiana e non. Certo qualcuno gioirà per il ritorno a salire dei tassi dal momento che, come ha detto un’indimenticabile signora responsabile del credito in una banca di mia conoscenza, fare credito non conviene più, e quindi tanto vale fare le pratiche alla bell’e meglio, perdendo il minor tempo possibile e riducendo i costi unitari di redazione dell’istruttoria.

Non credevo di riascoltare nella pratica discorsi teorizzati ormai 40 anni fa, ma si vede che a volte ritornano.

D’altra parte non credevo neppure di dovermi trovare a criticare Christine Lagarde che, sia dopo lo scoppio della pandemia, sia nella fase attuale, ha mostrato come non si deve comportare un banchiere centrale.

Torniamo allo stage 2 (si pronuncia all’inglese, “steig” non alla francese, non è un periodo passato in azienda a fare pratica, è il secondo contenitore nel quale inserire il credito verso “color che son sospesi”; la moratoria, prolungata fin oltre il lecito e le garanzie pubbliche, soprattutto quella del Fondo Centrale di Garanzia, forse saranno servite e dare ossigeno a famiglie e imprese, come si è affannata a ripetere Carla Ruocco, presidente della commissione banche di Camera e Senato, ma certamente non hanno potuto resuscitare quelli che nella migliore delle ipotesi erano prenditori zombie, ovvero imprenditori che stavano in piedi solo grazie al debito bancario (a proposito: ne ha parlato circa un anno e mezzo fa proprio The Group of Thirthy, il think-tank di cui faceva parte il nostro attuale Presidente del Consiglio.

Lo stage 2, quello che precede il credito deteriorato, è andato dunque riempiendosi di crediti di dubbia esigibilità, verosimilmente e in particolare di UTP (Unlikely to pay o inadempienze probabili), posizioni per le quali è accertata l’incapacità di rimborso da parte del debitore con mezzi normali, e si dovrà ricorrere all’escussione della garanzia.

Ora, a parte che l’aumento del credito deteriorato pone ipso facto un problema di requisiti patrimoniali e dunque di ricapitalizzazione delle banche, un tema che si è evidenziato subito già due anni fa, con l’approvazione del Decreto Liquidità, non sarà allentando le regole sui capital requirements che potremo fare finta che le imprese, finite in stage 2, stiano nella realtà molto bene e che quel tipo di classificazione sia un atto dovuto al classamento del rischio da parte della banca.

In altre parole, la situazione che attualmente stiamo vivendo ricorda, al netto degli eventi bellici e della pandemia, quanto avvenuto nel corso della lunga crisi finanziaria 2008-2018, nel corso della quale si è tentato di porre una toppa finanziaria a problemi che erano di competitività, di efficienza, di business model.

Viceversa, sono proprio gli Orientamenti EBA in materia di monitoraggio e concessioni che ci aiutano a capire che il tema da rimettere al centro del dialogo tra banche e imprese è un tema ben più importante del tirare avanti o tirare a campare, ed è un tema quasi esistenziale: cosa voglio fare con la mia impresa in un mondo che, ci piaccia o no, non è più lo stesso.