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Tassi Conad (bassi e fissi).

Giunge come una non-notizia, ma con l’adeguato risalto che occorre darvi, la statistica che fissa nel -40% la stipula di mutui immobiliari nell’ultimo anno, ovviamente a causa dell’aumento dei tassi, dopo vent’anni di tassi bassi e fissi (i prezzi Conad, appunto; a parte Esselunga, per conto mio imbattibili).

Quell’aumento dei tassi a lungo invocato perché, persino con toni isterici, più di un banchiere/a e di un dirigente/a affermava, soprattutto, negli ultimi tempi, che “a fare banca non si guadagna più nulla”: i bilanci degli ultimi due anni svergognano l’idiozia di tali affermazioni fino quasi a giustificare l’idiozia della sovrattassa sui sovraprofitti bancari. A Napoli si dice “chiagne e fotte” e in Italia a quanto pare non ci smentiamo mai, forse la napoletanità è dentro di noi. Nel frattempo che i “tassi Conad” avvicinavano al mercato del credito molti più giovani e famiglie che avrebbero avuto difficoltà a trovare casa, quegli stessi tassi “narcotizzavano” molte piccole e medie imprese, per le quali il problema dei tassi finalmente scendeva in secondo piano, senza per questo riuscire a riportare l’attenzione degli imprenditori e del management sulla questione industriale, sul margine operativo, sull’Ebit, scarso, nullo, inconsistente, sul business model obsoleto, da rivedere, in affanno. Nella stessa settimana in cui si dà notizia del calo dei mutui (e non mettiamoci a parlare di compravendite immobiliari), gli imprenditori bresciani lamentano il calo dell’export soprattutto nei confronti della Germania in recessione (dirlo sembra quasi una bestialità) forse senza riflettere pienamente sul significato di questa affermazione. Che la Germania sia in recessione è un fatto, che tutto ciò riguardi anche noi è stato detto molte volte, ma forse senza chiedersi il vero senso di tutto ciò: ovvero che nella divisione del lavoro, l’Italia è il terzista di lusso della Germania. Forse di lusso, ma sempre terzista, sia pure della prima economia del continente. E certo, le banche, nemmeno quelle locali, possono pretendere di cambiare la mentalità di tanti piccoli owner-manager che “hanno sempre fatto così” e ai quali il PNRR (versione Mario Draghi, non questa, sempre più edulcorata) avrebbe fatto tanto bene. Pretendere di salvare tutti, nonostante l’aumento dei tassi, sarebbe un peccato mortale per le banche, che mai come in questo momento, complice anche il CCII e gli Orientamenti EBA, devono essere diligenti nel loro lavoro di intermediazione. L’incertezza è uno stato di natura, ineliminabile: il rischio, che è la conseguenza dell’incertezza è gestibile e per molti versi misurabile. È proprio il rischio quello che devono imparare (ancora meglio) a misurare le banche, ma è soprattutto il rischio sul quale è e sarà basato sempre di più il pricing degli istituti di credito; e perché le imprese si facciano misurare correttamente occorre lavorare di più e meglio, senza le scuse dei tassi e delle imposte, né più e né meno di venti anni fa, quando non c’erano i tassi bassi e fissi.