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Non passa lo straniero (è già passato).

E alla fine, dai e dai, il governo è riuscito a far valere la golden power e l’OPS su Banco BPM da parte di Unicredit, presunto cavallo di Troia dei francesi, non è passato, con la banca guidata da Orcel che ha rinunciato. Si noti che negli stessi giorni la Germania dichiarava irricevibile l’OPA, definita ostile, sempre di Unicredit, su Commerzbank. Insomma, senza riandare ai tempi in cui Debenedetti tentò la scalata di Société Générale in Francia, ritornandosene a casa assai scornato, la libera circolazione dei capitali nella UE, per quanto riguarda le banche, è libera ma non troppo. Come recitava un editoriale del Sole24Ore di qualche giorno fa, per fare il banchiere devi essere sempre un po’ “governativo”.

Che le banche siano uno snodo cruciale di qualunque sistema economico non c’è neppure bisogno di spiegarlo, salde come sono sullo snodo risparmio-investimenti: che i comportamenti protezionistici e nazionalistici aiutino a rendere più efficiente l’allocazione delle risorse è quanto meno discutibile.

Crédit Agricole è presente in Italia dal 1982, da quando contribuì a salvare il vecchio Banco Ambrosiano che ora è Intesa: non c’erano le Direttive che poi in Italia sfociarono le Testo Unico bancario del 1993, ma la questione della bandiera che sventola in cima alla sede di una banca ha sempre molta presa sul politico di turno, che si erge a difensore della patria. Vedi caso è quello stesso politico che non ha impedito che, negli ultimi 20 anni, la gran parte delle banche del Mezzogiorno fossero fagocitate, in un modo o nell’altro, da banche del Nord.

Perché, nella realtà, il problema della bandiera esiste, ma non perché viene esibita all’ingresso delle sedi o nelle sale dei board, ma perché su tutte queste operazioni aleggia sempre una grande domanda: e adesso, tutta quella raccolta, dove andrà a finire?

Sulla sede dell’ex Banco di Napoli (ora Intesa) di Matera, campeggia ancora la scritta originaria: ma il palazzo è di epoca fascista, costruito in puro stile razionalista e la scritta è verosimilmente sotto la protezione delle belle arti. L’insegna: ma tutto il resto di quello che era Banco di Napoli, compresa una certa sapienza nel fare i prestiti, non c’è più. I territori alzano la voce quando le “loro” banche vengono sottratte al controllo del territorio stesso e portate altrove: si veda quanto accaduto in Valtellina negli ultimi quindici giorni, con BPER che si è portata via tutto ciò che restava di locale lassù (CREVAL, come sappiamo, è ormai dell’Agricole: perché su questa acquisizione nessun governo abbia detto niente e il Governo Meloni invece su Unicredit-Banco BPM sì, lascio a voi rispondere).

Il processo di consolidamento del sistema bancario è irreversibile, e checché ne dicano i fautori della biodiversità (tra i quali, in linea di principio, si annovera anche il sottoscritto) andrà avanti, con BPM e/o BPER prima o poi destinate a fondersi con qualcun altro, perché non sono né grandi, né piccole.

Rassegniamoci.

 

P.S.: Orcel ha annunciato utili record per Unicredit e una posizione patrimoniale che lo mette in grado di fare acquisizioni a tutto spiano. Se non può farle né in Italia, né in Germania, credete forse che gliele faranno fare in Francia, Spagna o altrove? Cosa ne facciamo di tutti questi utili? Se non ci sono progetti, meglio darli agli azionisti, sotto forma di corposi dividendi (non è un suggerimento all’acquisto!). E i clienti? I clienti si spennano…