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Chi è il responsabile del credit crunch prossimo venturo? È davvero colpa della Lagarde?

Il credit crunch (letteralmente qualcosa del tipo “un morso al credito” per ridurne l’ampiezza, anzi, l’ammontare) è davvero colpa della Lagarde, Presidente BCE di turno? BCE che, è bene ricordarlo, ha come suo scopo istituzionale, quello di difendere ‘intera area euro dall’inflazione? Forse dovremmo fare qualche riflessione meno affrettata, anche se il personaggio non fa nulla per farsi amare (ma forse vi siete dimenticati Trichet).

A un convegno cui ho avuto l’onore di partecipare a Berlino la settimana passata e inaspettatamente non pieno come avrebbe dovuto essere, si è parlato di regolamentazione finanziaria e di fattori ESG, un tema che i lettori di questa newsletter sa che ci sta a cuore.

C’erano presenti, a parte il sottoscritto, esponenti di prestigiose università, anche americane, c’era la Bundesbank e c’erano molti giovani colleghi che hanno illustrato i frutti delle loro ricerche.

Il credit crunch viene dato per scontato ma non per il doversi attenere ai criteri ESG o per il rialzo dei tassi, quanto piuttosto, lo ha ben sottolineato una relazione, per dover inevitabilmente venire meno del credito alle imprese zombie, il cui accesso al mercato del credito dovrebbe essere difficile ormai da due anni, ovvero dall’entrata in vigore degli Orientamenti EBA: ma questo, e politicamente è comprensibile, nessuno lo dice.

Le conseguenze sono duplici, anche se la prima la traggo io: imprese che non rispettano i parametri EBA, anzi le metriche, saranno inevitabilmente razionati, pena l’aggravarsi dei capital requirements loro richiesti. E questo è giusto, se non vogliamo continuare ad estendere in Europa il ben noto italiano fenomeno del sussidio incrociato, dove l’equilibrio di mercato è sub-ottimale perché comprende anche soggetti che non andrebbero finanziati (e che danneggiano le imprese sane).

La seconda conclusione l’ha tratta una professoressa dell’università del Texas, di Dallas per la precisione, evidenziando che l’abbandono delle imprese zombie provocherà progressivamente sia perdite nelle banche, sia la ricerca di nuovo business con le imprese brown, ovvero con le imprese che, a vario titolo, inquinano. Che non possono, del resto, essere abbandonate del tutto: il cemento va fabbricato, così come l’acciaio e altri prodotti che definiamo di industria pesante. Ma ci vuole una logica, ci vuole un criterio, ci vuole una selezione, oltre che, presumibilmente la pazienza di chi sa che tutto questo non solo è molto costoso, ma si ottiene con il tempo -la transizione ecologica, appunto-.