skip to Main Content

Il gestore imbruttito

Come è arcinoto a tutti, il milanese imbruttito si sveglia ogni mattina e sa che dovrà fatturare più del giorno precedente. A quanto pare non si imbruttiscono solo i milanesi, imprenditori, professionisti e non, ma anche altre categorie di lavoratori, soprattutto bancari, in ogni regione d’Italia.

Gestore è una parola che evolve in senso più british e “bocconiano” (absit iniuria verbis) il senso della più volgare e certamente assai utilizzata in passato espressione “sviluppatore”. Sostanzialmente un reservoir dog, un cane da rapina, intesa non in senso letterale, come nel primo leggendario film di Quentin Tarantino, ma nel senso di ritornare a casa con il bottino, raccolta o impieghi che sia. In questo caso, nuovi affidamenti per la clientela nuova, o nuove operazioni per la clientela già acquisita.

Uno sviluppatore, parole ascoltate personalmente da un Direttore Generale (sic) di una banca interregionale non proprio piccola, deve scrivere pochissimo, al massimo il codice Ateco e una descrizione, estremamente sommaria, dell’attività svolta. Stop. Così le lavorazioni meccaniche si adattano al terzista che di valore aggiunto mette al più quello delle braccia dei suoi operai (costi fissi per lui, divenuti variabili per il committente), ma anche all’imprenditore che ha robotizzato e digitalizzato le linee di produzione e che dovrebbe contabilizzare un Ebit e un Ebitda certamente più remunerativi. Così, soprattutto, stando a quel direttore generale (ma potremmo parlare di molti altri direttori generali e soprattutto di direttori commerciali) il gestore deve sostanzialmente disinteressarsi a quel che chiamiamo il business model del cliente, la composizione e la consistenza del capitale investito, ovvero quel capitale necessario che serve a produrre fatturato e, sperabilmente, utili. Quel business model, aggiungiamo, che viene continuamente richiamato nella documentazione necessaria ai fini del rispetto delle indicazioni degli EBA-LOM, quel business model che dovrebbe servire agli analisti del credito (il cui processo valutativo e decisionale è sempre più accentrato) per capire qualcosa che vada oltre i bilanci: sarebbe, sempre secondo EBA, la famosa “visione d’insieme del cliente” che molti sbandierano come un plus del proprio modo di lavorare con i clienti, di cui talvolta non sappiamo nemmeno come sia fatto -e soprattutto a quanto ammonti- il magazzino, semplicemente perché nessuno è andato a farsi un giro tra i pallet.

Poi le pratiche vanno a finire male, come certe rapine, perché certe cose non si sanno, non si sono messe in preventivo, non vengono dette (“è una trappola!” o “la polizia ci aspettava!”), nonostante la responsabilità dei gestori nel completare il corredo informativo siano sempre maggiori e, di fatto, sottolineate dagli EBA-LOM, a meno di immaginarci un decentramento impossibile di analisi, valutazioni e, soprattutto competenze. Così accadrà, e prima poi accade, che i problemi non te li pone più BCE o Bankitalia sulle coperture, perché quelle ce le abbiamo, ma un curatore fallimentare sulla concessione abusiva di credito.

Nel frattempo, è molto probabile che l’evoluzione di questo stato dell’arte (?) sia qualcosa di ancora peggiore, naturalmente a mio modesto avviso: a cosa serve qualcuno che deve raccogliere il corredo informativo se già ora (vedi modalità di accesso alla composizione negoziata della crisi) è possibile on line caricare bilanci, business plan, dati, documenti, certificati? Ovvero, il corredo informativo si raccoglie da sé, perché pagare un gestore?

Da ultimo, un paradosso cui si è fatto cenno qualche newsletter fa: la continua invocazione, da parte di addetti ad ogni livello della catena del credito, di una maggiore digitalizzazione, di una maggiore integrazione di tutto quanto nella PEF (pratica elettronica di fido: a Unieuro prima o poi la venderanno sugli scaffali) non rischia forse di fagocitare ogni tipo di mansione, resa sempre più povera di qualità proprio in coloro che la svolgono? Il gestore imbruttito.

A tendere, anche inutile.