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Il più grande spettacolo dopo il bit-bang.

56.936,63 EUR
+16.916,80 (42,27%) da inizio anno a oggi.

Purtroppo non siamo noi, o perlomeno non sono io (per essere quello spettacolo lì di cui parla Jovanotti bisogna essere in due). Ma è altrettanto spettacolare, e molto meno romantico, il balzo del Bitcoin, sul quale mi permetto di riportare un parere leggermente più autorevole del mio.

Mario Draghi, parlando del Bitcoin ha detto: Bitcoin o qualcosa del genere non sono davvero valute, sono beni. Un euro è un euro: oggi, domani, tra un mese, è sempre un euro”. Queste le parole del ex presidente della BCE, Mario Draghi, che ci aiutano a capire che le cripto-attività non sono da considerare moneta, ma solo un bene speculativo altamente rischioso (da www.bancaditalia.it).

Eppure. Eppure ogni tanto qualche studente e non solo mi chiede cosa ne penso degli investimenti in Bitcoin: qualcuno mi chiede la tesi sul Bitcoin e quando io gli/le dico “sì, a condizione che ne parli male” si rabbuia, dice che ci penserà e raramente torna. Perché pensare male di qualcosa che cresce sempre di valore, che fa guadagnare chi lo compra e, soprattutto, che fa guadagnare in fretta?

Potremmo chiudere qui la newsletter semplicemente ricordando che il bitcoin è lo “strumento finanziario” preferito per ricatti on line, operazioni fraudolente, transazioni illegali. Ma sarebbe come non volersi preoccupare delle armi perché tanto le usano solo i delinquenti. Il tema del Bitcoin e della sua crescita inspiegabile e spropositata, ne richiama un altro, ben più importante, quello dell’educazione e della cultura finanziaria, sul quale meritoriamente si sta spendendo Banca d’Italia con un’attività che è diretta anche all’educazione finanziaria degli imprenditori.

Torniamo al bitcoin, ma non solo: certamente siamo tutti contenti del successo strepitoso ottenuto dal BTP Valore, il BTP tricolore destinato agli italiani che ha ricevuto richieste multiple rispetto all’offerta. Con la medesima famelica voglia di BTP si compravano, oltre trent’anni fa, quelli che rendevano oltre il 10% e consentivano una rendita annua di tutto rispetto. Non sono più quei tempi e non sono più quei tassi, ma la mancanza di educazione e di cultura finanziaria sembra essere rimasta la stessa: ovvero, non c’è un criterio logico, una sequenza di riflessioni (perché investo, la destinazione del mio risparmio, il mio orizzonte temporale, la mia propensione al rischio etc…), c’è solo fame di facili e/o sicuri guadagni.

Confidando nell’opera di Banca d’Italia, con la quale avrò modo di collaborare in un’iniziativa accademica, vorrei poter confidare anche nell’opera di coloro che allo sportello (quelli che ancora esistono) indirizzano i clienti che necessitano di informazioni sugli strumenti ai quali destinare il risparmio. Confidando che non sia, pur affascinante, un trop vaste programme.