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La crisi di liquidità

Avrete certamente sentito dire di un imprenditore che “ha avuto una crisi di liquidità” e quindi è fallito. Oppure ancora che le banche gli hanno tagliati i fidi e lo hanno messo sul lastrico, provocandone il fallimento. Sono espressioni (e convincimenti) molto diffusi che fanno pensare alle crisi d’impresa come a malattie venute da “fuori” e che hanno colpito un organismo sano. Ma sono scorciatoie verbali che non aiutano a risolvere i problemi di comprensione dell’andamento economico-finanziario delle aziende: si tratta di espressioni e convincimenti sbagliati. Le banche infatti non tagliano i fidi accordati alle imprese perché sono “cattive”: spesso le “sofferenze”, cioè i prestiti di dubbia o impossibile esigibilità, si traducono in perdite, ulteriori costi e spese di recupero che la banca non ha interesse a sostenere. E dunque non c’è una reale volontà a chiudere i rubinetti se questa non viene originata da una preoccupazione circa la possibilità di recuperare integralmente il proprio credito: le crisi d’impresa, infatti, hanno quasi sempre natura economica, relativa cioè a vendite e redditività.