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Quando spariscono le banche locali (non succede, ma è successo).

Con il via libera da parte della BCE all’OPS di BPER su Banca Popolare di Sondrio è iniziato il cammino che, salvo sorprese, dovrebbe portare alla scomparsa dell’ultima banca locale di un territorio, la Valtellina, che fino a pochi anni fa poteva vantare due competitor in grado di farsi valere anche a livello nazionale, la Popolare, appunto, e il Credito Valtellinese o Creval, finito nelle braccia poco rassicuranti (per il territorio) di Crédit Agricole, banca solidissima ma, appunto, ben poco locale. Come già affermato su queste news in altre circostanze, una grande banca generalista che possa essere tale in qualunque angolo del mondo, come HSBC, questo è l’obbiettivo di Crédit Agricole, come peraltro dimostrato dall’acquisizione, nummo uno, delle fallite Carim e Caricesena.

La Valtellina non merita questa fine, così come peraltro non meriterebbe di essere ignorata dalla pubblicità sulle Olimpiadi Milano-Cortina, ma questa è un’altra storia.

Una banca locale nasce per sensibilità locali ai bisogni del territorio; e checché ne dicano molti facili criticoni del localismo e delle banche di prossimità -fra di essi il vicedirettore di Radio24, Barisoni, che se la prendeva col localismo avendo di fronte l’esempio di una banca estesa su tutto il territorio nazionale come CARIGE- queste sensibilità non sono necessariamente clientelari o fatte di rapporti di interesse limitati al particulare.

La storia ci insegna che le banche del territorio o banche di prossimità nascono per soddisfare i bisogni di famiglie e PMI, bisogni che altrimenti le grandi banche non avrebbero soddisfatto: e davvero qui non ha importanza parlare per difendere un modello di banca rispetto a un altro, quando sono ben noti i difetti delle grandi banche che pure hanno un posto nella divisione del lavoro del mercato del credito e guai se così non fosse.

Ma la storia ci insegna anche che i territori non sono migliori se vengono meno le banche locali: perché, nel bene e nel male, sono le uniche che si preoccupano veramente di micro e piccole e imprese. E nonostante molti autorevoli commentatori abbiano deprecato la riforma Renzi, quella che ha obbligato le Bcc a riunirsi in gruppi.

E ora, che non doveva succedere ma è successo, ovvero che la Valtellina non ha più nessuna delle sue banche storiche? In Valtellina dove, mi faceva notare un ristoratore un anni fa, una buona fetta dell’economia dipendeva dalla banca e dal suo indotto, tra turismo d’affari, dipendenti residenti in Valle, e tutto quello che si può immaginare giri intorno a una banca.

Mi colpiscono due cose, riflettendo su questa situazione, già da un anno: la prima è che ne sarà del vivere civile, quando il territorio non ha più le sue banche è come se fosse amputato irrimediabilmente di qualcosa che è suo e se le principali imprese del territorio sono le uniche due banche locali rimaste, non c’è da stare allegri.

La seconda questione riguarda la responsabilità del territorio stesso e di chi ha guidato le due banche: essere banche del territorio non vuol dire essere a disposizione di chiunque per la qualunque, perché questo è il localismo nel senso più vieto e bieco del termine, ovvero clientelare. E stupisce che non ci sia nessuno, imprenditore e capitalista che sia, che voglia impedire quello che nei fatti, è un abbandono. La Valtellina è una terra meravigliosa e non merita di essere abbandonata, ci vorrebbero quelle che una volta si chiamavano “iniziative dal basso”.

Già, ma di chi?

Valtellina, Ph.Copyright A.B.