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Celebration.

Si avvicinano le feste e fioccano i Convegni, si parla, come voler mettere un sigillo su quanto accaduto finora, come se ci si volesse, in qualche modo, giustificare dal lavoro fatto, dello stato dell’arte.

Poi, naturalmente, ci sono le tradizioni, anni e anni dove si è perfezionato e approfondito un lavoro e si cercano nuovi stimoli e metodi. È la scienza, bellezza e non puoi farci nulla: se non fosse così appassirebbe, morirebbe, diverrebbe inutile.

Così da un po’, complice un Maestro sul tema, frequento gli statistici, un po’ come un pesce fuor d’acqua, un po’ come qualcuno che cerca sempre, pervicacemente, ostinatamente, applicazioni pratiche.

Quando partecipo a queste cose (mentre sto scrivendo la newsletter non ho ancora parlato, qui a Londra, King’s College, quando la leggerete voi il fattaccio sarà già accaduto: vi terrò informati) mi colpisce sempre pensare a bersaglio, a quello che la maggior parte di coloro che si applicano alle scienze economiche, i giovani studenti soprattutto, vorrebbero eliminare, obliterare, cancellare.

Il metodo, la metodologia, un’ipotesi da verificare con rigore, da abbandonare o da abbracciare, ma sempre seduti su un sacco di lavoro; anche se il finale è che non c’è una robusta correlazione statistica e dunque due fenomeni non si spiegano l’uno con l’altro.

È singolare che ci sia gente che studi solo il metodo, con accanimento, passione, voglia di approfondire, proprio mentre tutti interrogano, per esempio, l’AI per sapere come fare una torta di mele senza burro, ma che “sappia di qualcosa” (domanda rivolta da mia cugina a Gemini).

La fatica, non le scorciatoie, le avremo sempre con noi: e se andate in banca a chiedere un prestito, siate fiduciosi, un metodo ce l’hanno. Ovvero, per quanto possibile, si prova a nascondere la polvere sotto il tappeto, come certi patrimoni netti negativi.

Ricordatevelo: la metodologia è testarda.

Meglio non combatterla.

 

Ph.by A.B. ©