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Chi ha paura del Business Plan?

Per chi ha memoria politica degli anni trascorsi, la conventio ad excludendum era il patto non scritto tra i partiti del cosiddetto arco costituzionale per evitare che l’allora Movimento Sociale Italiano venisse coinvolto in cariche amministrative di Governo, locale o nazionale. Se tale attitudine dei partiti è più o meno scomparsa, non così si può dire di un altro tipo di attitudine o, se si preferisce, di tendenza: quella che si sta verificando in molte banche e che è tesa ad evitare a tutti i costi che i clienti debbano compilare un business plan.

I motivi di questa tendenza, tanto più singolare se si pensa che il business plan, unitamente alle proiezioni economico-finanziarie, fa parte obbligatoriamente del corredo informativo della pratica di fido EBA compliant, sono i più vari, ma fondamentalmente sono riassumibili nelle seguenti categorie:

  1. è lavoro in più e noi non vogliamo/sappiamo/possiamo farlo;
  2. i nostri clienti non lo sanno fare, non possiamo scocciarli anche per queste cose;
  3. così non facciamo più affidamenti e la banca non guadagna più niente;
  4. i commercialisti fanno i business plan

Ho sentito molte altre sciocchezze sul tema, ma credo che il tema in realtà debba essere ricondotto a due questioni, quella dei costi (e dei tempi) operativi -e non a caso sul primo tema si era mossa da tempo Intesa, porgendo la mano ai propri clienti e invitandoli a farlo insieme il BP-; e quella legata, letteralmente, all’ignoranza, latinamente intesa, sul tema delle proiezioni economico-finanziarie, che potrebbero peraltro, da sole, incrementare lo stage 2 solo se fossero lette con attenzione.

Se sulla seconda questione mi sono già espresso, affermando in più occasioni che le banche dovrebbero primariamente occuparsi di ottenere proiezioni economico-finanziarie proprio dalle imprese (e non sono poche quelle che negli ultimi due-tre anni hanno manifestato difficoltà gestionali tali da immaginare, con relativa facilità, che queste difficoltà nascessero molto tempo prima), sulla prima penso che sarebbe ora di chiarire alcuni aspetti.

Il business plan nasce o dovrebbe nascere naturalmente come esigenza interna di ogni azienda, minimamente strutturata, che alla luce dell’adozione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili (cfr.art.2086 c.c.) intenda prefigurare l’evoluzione della gestione, non soltanto in chiave di previsione delle crisi d’impresa. Ed è singolare notare che proprio mentre la Suprema Corte di Cassazione sancisce che “dove c’è piano non c’è concessione abusiva di credito”, molte banche e quasi tutte le imprese ritengano il BP una fastidiosa incombenza.

Proprio per questo R&A Consulting, in collaborazione con FONTER, propone percorsi formativi personalizzati, totalmente gratuiti e finanziati al 100% che, attraverso appositi step consentano finalmente alle imprese di mettere in piedi quella comunicazione finanziaria indispensabile all’instaurazione di un corretto rapporto banca-impresa.

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