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Si può fare.

Ricevo una mail qualche giorno fa e un amico analista fidi di uno dei primi 10 grandi gruppi nazionali mi chiede un parere pro-bono su un’azienda del terziario (commercio al dettaglio di beni di largo consumo) che presenta una situazione di bilancio abbastanza complicata, pur con un rating andamentale impeccabile.

Mi manda il 2019 e il 2020, siamo all’incirca ai primi di settembre del 2022, ovvero dopo 8 mesi non si sa ancora come siano andati i conti post-pandemia.

Ci accordiamo per vederci, sia pure on line e subito domando stupito come sia possibile che lui non chieda il 2021 e mi risponde: “Non posso, non rientra nei miei poteri. Il Vice Direttore generale ha proibito (!) espressamente agli analisti di fare richieste alla clientela, che possono essere avanzate solo dalla rete”.

Gli chiedo come sia possibile tutto questo, stanti gli Orientamenti EBA in materia di nuove concessioni e di monitoraggio dei prestiti, già in vigore, che affermano che la banca deve concedere prestito solo a chi, al meglio delle conoscenze della banca stessa al momento della delibera, appaia in grado di restituire il prestito.

Alza le mani sconsolato -siamo in videocall ma il gesto e l’espressione sono incancellabili- e io provo a capirci qualcosa con un salto all’indietro di 20 mesi (sic), come se la macchina del tempo potesse farmi capire qualcosa ora per allora, con un esperimento alla dr.Frankenstin, ma senza Frau Blücher accanto (nitrito di cavalli).

L’azienda perde, da molto tempo. Perde contabilmente nel 2019 e nel 2020, ma probabilmente perde anche negli anni passati perché il magazzino è palesemente sopravvalutato, con un tasso di rigiro delle scorte tra i 9 e 12 mesi.

Un magazzino non credibile non solo per l’importo dichiarato ma anche per una banale considerazione fisica: tutti quei pezzi non possono starci in quell’emporio e che se lavori nel commercio al dettaglio il magazzino deve girare, altrimenti sei morto.

Naturalmente l’impresa ha preso un bel prestito Covid garantito FCG: a rigore, se ancora so leggere l’italiano (e anche l’inglese) quell’impresa è solvibile non per i flussi ma per le garanzie e questo per EBA non andrebbe bene.

Naturalmente il patrimonio netto sarebbe negativo, ovvero il capitale di funzionamento non è più in grado di generare ricavi e reddito, flussi di cassa e capacità restitutiva: manca la continuità aziendale. Ammesso che questo non sia un problema per la banca, quando invece evidentemente lo diventerà se qualcosa va storto (concessione abusiva di credito, do you remember?) è un problema per l’imprenditore, al quale il nuovo codice delle crisi di impresa comincia ad alitare sul collo venti di guai.

Consigli per gli acquisti: a)-non firmare nulla che dichiari la solvibilità; b)-sottolinea la mancanza di bilanci recenti e ciò che questo potrebbe comportare per la scelta della banca; c)-fai presente al gestore che la situazione ti appare dubbia e che il cliente forse ha bisogni di essere aiutato.

Si può fare?

A quanto pare, soprattutto il punto c), no.

Ma comportarsi come “avere tanti soldi da poterseli rubare”, come direbbe la PFM, questo, evidentemente, sì.

Il rapporto banca-impresa non sta troppo bene: ma se sta male l’impresa, non sta bene neppure la banca. Buon lavoro.