Non si fa in tempo a brindare al nuovo anno che da quello vecchio già…
Vent’anni dopo.
Per rimanere nel letterario, il titolo della newsletter andrebbe bene così, ma in realtà gli anni sarebbero anche di più: sarebbero 25, un lustro di secolo.
25 anni da quando un tale, professore universitario, propose insieme a R&A Consulting il tema dell’educazione finanziaria (o financial literacy) alla allora capogruppo di tutte le banche di credito cooperativo d’Italia, Federcasse.
L’accoglienza al progetto, denominato “ProgettoImpresa” fu talmente entusiastica da far dire a qualcuno che quel progetto sarebbe stato il nuovo inizio di un nuovo modo di approcciarsi alle imprese, coinvolte nell’apprendere i fondamentali della gestione economico-finanziaria in un percorso (in parte a pagamento) che vedeva tra i partecipanti anche i referenti o gestori della banca.
Ricordo le prime edizioni, in tutta Italia, accolte entusiasticamente prima di tutto dalle imprese ma, soprattutto, accolte entusiasticamente dalle banche stesse, laddove un amministratore o un dirigente con lo sguardo un po’ più lungo decideva di fare proprio il progetto, proponendolo al proprio territorio.
Poi maiora premunt, certi servizi non li puoi fabbricare e poi vendere come una polizza assicurativa, devi avere pazienza, tempo, risorse umane da investire (anche se l’attuale DG di una grande banca regionale ha plasmato la sua carriera sul fare utili per la banca per cui lavorava in precedenza facendo consulenza alle imprese…) e così la proposta man mano ha perso di interesse, pur essendoci, senza dubbio alcuno, ancora più bisogno di educazione finanziaria presso le imprese. Per informazioni, chiedere a Banca Intesa che ha fondato tutto il suo lavoro con le Pmi sulla condivisione di conoscenze e tecniche utili alla programmazione economico-finanziaria e al business planning.
In occasione di un Convegno tenutosi la scorsa settimana e che ha visto la partecipazione anche di Banca d’Italia, impegnata in un ambizioso progetto di formazione destinato alle imprese, è venuto fuori, vedi tu, che le imprese che si impegnano a sviluppare la propria cultura ed educazione finanziaria sono anche più performanti delle altre. Una banca, insieme all’Università, ha patrocinato il tutto, selezionando i partecipanti, facendo pubblicità sul territorio, mettendo a disposizione la propria organizzazione e le proprie strutture.
Tutto molto bene.
Ma dopo?
Ovvero, che sviluppo diamo a questi progetti, che cosa farà la banca con questi imprenditori che hanno partecipato a un percorso certamente impegnativo? Segneremo il tutto con orgoglio nel bilancio sociale del 2024 o proveremo a immaginare un rapporto banca-impresa basato sulla relazione (mentre sta scivolando tristemente verso la transazione…)?
Averlo proposto vent’anni prima non è una gran consolazione, visto quello che gira nelle banche e che talvolta mi passano, da business plan confusi e non credibili a pratiche che continuano ad andare avanti a furia di garanzie (con buona pace degli Orientamenti EBA-LOM: prima o poi arriverà un’ispezione BCE come si deve…): ma come diceva Francesco Guccini in “Eskimo”, qua sotto, “l’estate finiva più nature, vent’anni fa o giù di lì”. Facciamocene una ragione.