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Perché è opportuno avviare una strategia di diversificazione dell’offerta?

Avviare una strategia di diversificazione all’interno del portafoglio prodotti di un’azienda commerciale rappresenta un tema di grande rilievo per le scelte di lungo periodo dell’impresa, stretta tra la necessità di dover sviluppare volumi di vendite sempre maggiori per raggiungere il punto di pareggio e quella di dover ridurre il capitale investito per migliorare l’efficienza del rendimento.

Una simile strategia comporta il rischio di uno snaturamento dell’immagine aziendale e al tempo stesso possibili potenziali problemi di erosione, ovvero “cannibalizzazione” delle vendite di prodotti già esistenti da parte di quelli che saranno introdotti grazie alla nuova offerta.

Anche se l’operazione appare opportuna se si vuole intercettare un maggior numero di consumatori potenziali, l’imprenditore e i manager devono essere costretti a ragionare in una logica caratteristica della finanza strutturata, ovvero quella differenziale. In altri termini occorre chiedersi quali siano i costi e i ricavi incrementali legati all’introduzione di nuovi prodotti, cercando di stimare con un ragionevole grado di approssimazione quale possa essere la quota di fatturato attualmente realizzato che sarà perduta a causa della nuova strategia adottata.

Si deve quindi valutare se i prodotti che saranno inseriti all’interno della strategia di diversificazione siano sostitutivi dei consumi di prodotti già presenti all’interno della griglia dell’offerta aziendale o se, viceversa, possano essere ritenuti complementari a essa e quindi aggiuntivi.

Tale tipo di scelta non deve in alcun modo essere guidata, per esempio, dalla mera presenza di determinate referenze merceologiche all’interno della licenza commerciale (a mero titolo esemplificativo si pensi ai casalinghi accanto agli elettrodomestici, i compact disk e l’abbigliamento, i giocattoli ecc.), quanto piuttosto dalla valutazione più puntuale e approfondita delle richieste dei consumatori.

Il caso Giacomelli Sport

Un esempio tratto dall’esperienza italiana è utile per chiarire quanto affermato. Parliamo di Giacomelli Sport, realtà commerciale nata nel 1992 e fallita 10 anni dopo anche a seguito di un disastroso debutto alla Borsa Valori. L’azienda registrava un’espansione vertiginosa che la portò ad aprire ben 13 punti vendita all’estero, con un megastore di articoli sportivi ad Anversa, in Belgio, che all’epoca era il più grande d’Europa con i suoi 3.500 mq di superficie espositiva.

In questa sede non vogliamo approfondire le cause della crisi dell’impresa e tantomeno le motivazioni del fallimento, che appartengono a una gestione discutibile della società. La storia di questa azienda tuttavia è in grado di illustrare l’importanza di una corretta strategia di diversificazione.

Quel periodo fu segnato dai primi mutamenti nei comportamenti d’acquisto dei consumatori italiani, che cominciarono ad abbandonare i negozi del centro o le botteghe tradizionali. Come suffragato da diversi studi iniziò a cambiare radicalmente il rapporto cliente-prodotto, in un’evoluzione che non metteva più al centro il prodotto (e quindi il brand di riferimento) ma il valore aggiunto dell’insegna (ovvero un maggiore contenuto di servizi, per esempio il tasso zero sui prodotti acquistati con la carta fedeltà ecc.).

Giacomelli Sport sotto il profilo appena descritto sembrava essere riuscita a intercettare i desideri dei consumatori, proponendo loro un’esperienza d’acquisto all’interno della quale era possibile ottenere la soddisfazione per un’amplissima gamma di esigenze.

La stessa azienda, come spesso accade nel settore commerciale e nella recente storia di molti marchi, decide di crescere per linee esterne acquisendo una catena di negozi specializzati nella vendita di biciclette e articoli per ciclisti.

Ma mentre il marchio diventa noto ed entra nel cuore dei consumatori per la sua larghissima e indifferenziata offerta, la storica insegna di negozi di attrezzature e prodotti per ciclisti viene assorbita da un generalista, sostanzialmente inviso, in quanto non specializzato a una clientela affezionata.

Una strategia di diversificazione sbagliata costa, e pure tanto

Purtroppo per Giacomelli la scelta in questione si rivela un clamoroso errore commerciale: invece di concretizzarsi, la strategia di diversificazione si traduce in un clamoroso flop commerciale.

I vecchi clienti della catena specializzata abbandonano i negozi, ormai entrati all’interno di un’offerta generalista che non si ritiene all’altezza delle proprie esigenze e della propria esperienza d’acquisto, mentre i clienti di Giacomelli, non entusiasti di fronte all’ampliamento dell’offerta e alla sua diversificazione, mostrano di preferire la “vecchia” gamma di prodotti.

Questa storia ci insegna che una strategia dell’offerta inadeguata, oltre a rivelarsi inefficace, può risultare altamente costosa a causa degli investimenti in capitale circolante e in capitale fisso.

Se da un lato può essere opportuno avviare una diversificazione dell’offerta, tale processo deve essere attentamente studiato effettuando simulazioni e analisi previsionali, innestando all’interno della strategia prescelta adeguate considerazioni prospettiche di natura economico-finanziaria e di marketing strategico.