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Come ottimizzare la gestione del magazzino nella vostra azienda commerciale?

La gestione del magazzino in un’azienda commerciale è fondamentale poiché dalla velocità con cui esso ruota (ovvero dalla rapidità con cui le merci acquisite poi sono vendute) dipende la sua capacità di trasformarsi in reali flussi di cassa in entrata (e non quindi la redditività aziendale).

I margini di ricarico sui singoli prodotti sono o dovrebbero essere decisi dall’imprenditore sulla base di opportuni calcoli tesi da un lato alla copertura dei costi fissi mediante il margine variabile, dall’altro ai vincoli e alle opportunità poste dal mercato.

La redditività aziendale dipende dalla rotazione del magazzino solo a seguito di un incremento dei volumi venduti e, di conseguenza, del margine variabile e del risultato operativo. L’elevata rotazione rappresenta un elemento cardine della gestione dell’impresa dal momento che le rimanenze finali nel magazzino si configurano come “costi sospesi” non ancora consumati (incorporati nei ricavi di vendita).

Le scorte sono calcolate unicamente in funzione del noto principio della “competenza economica”: costi e ricavi sono confrontabili tra loro solo se i primi sono serviti a generare i secondi.

In generale il magazzino costituisce un insieme di costi non ancora utilizzati nel business aziendale, soggetti al rischio di obsolescenza tecnica e commerciale e, contemporaneamente, fonte di fabbisogno finanziario.

La gestione del magazzino in un’azienda

Il magazzino rappresenta la parte più importante e significativa del capitale circolante netto operativo. Un dato che nelle imprese commerciali al dettaglio dovrebbe idealmente essere negativo o prossimo allo zero, mentre nelle imprese grossiste andrebbe gestito con estrema attenzione, poiché esse svolgono contemporaneamente il compito di approvvigionamento per i propri clienti (attraverso le scorte) e di banca attraverso il credito commerciale.

La gestione del magazzino è ottimale quando la sua composizione risulta più aderente possibile alla capacità dell’azienda commerciale di proporre proprie linee di merci, prodotti a marchio ecc, oltre che alle richieste e ai gusti del consumatore.

Per questo la gestione deve mantenere equilibrate due diversi tipi di esigenze:
Non andare in “rottura di stock”, ovvero difettare di merce rispetto a quella richiesta dalla clientela
Non avere un eccesso di referenze merceologiche che, se da un lato evitano il rischio di approvvigionamento, dall’altro appesantiscono la gestione finanziaria per la natura dei loro costi

Quando si parla di magazzino ideale

Posto che non può esistere un livello di scorte ideale per tutti i tipi di imprese commerciali e non, occorre dire che in un’economia globalizzata (dove i tempi di approvvigionamento sono stati accorciati dal continuo miglioramento della gestione della logistica distributiva) il magazzino ideale dovrebbe essere rappresentato dall’ammontare di scorte necessario ad allestire un punto vendita (scorta fissa) e per le vendite quotidiane (il cui ammontare è per definizione variabile in funzione della stagionalità e di altri fattori specifici), tenuto conto dei tempi di riordino e di consegna.

Il concetto di scorta ottima minima, sviluppato dall’economia aziendale negli anni passati, resta tuttora valido ma subisce inevitabilmente una doverosa riduzione, in funzione dell’accorciamento della catena del valore e della supply chain, che interessa praticamente tutti i settori merceologici.

Si deve porre grande attenzione all’acquisto e al mantenimento in magazzino di tutti quei prodotti che comportano (su imposizione dei fornitori) ammontari di riordino minimi assai elevati e spesso per nulla convenienti per l’esercente.

Sotto tale profilo sarebbe opportuno calcolare il tasso di rigiro delle scorte anche con riferimento a singole (e ritenute più importanti) tipologie di merci. Il tasso si calcola dividendo il totale degli acquisti, al netto di Iva, per il magazzino medio (ovvero rimanenze iniziali più rimanenze finali diviso 2).

Più elevato sarà il tasso di rigiro più gli acquisti serviranno a generare nuovi volumi di fatturato e risulteranno più profittevoli se i prezzi applicati saranno in grado di remunerare adeguatamente i costi d’esercizio.

Il ruolo dell’outlet

Una riflessione merita l’eventuale esistenza del cosiddetto outlet nella gestione del magazzino. Per un punto vendita secondario e destinato al collocamento di merce non più idonea a rappresentare la prima linea dei prodotti venduti, l’outlet è divenuto negli anni una specie di brand separato, un luogo dove si compra in maniera quasi esclusiva saltando direttamente il punto vendita fisico tradizionale.

Ogni imprenditore commerciale deve valutare attentamente il peso assunto nel tempo dalle vendite effettuate tramite outlet rispetto a quelle che prendono la strada normale dei canali tradizionali. Occorre considerare la vicinanza del punto vendita storico o tradizionale rispetto all’outlet e la possibilità che le vendite realizzate da quest’ultimo “cannibalizzino” quelle effettuate dal primo.

Se l’outlet diventa il principale canale di sbocco della vendita di merci (analogo discorso può essere fatto per le vendite nel periodo dei saldi) si rischia seriamente di mortificare l’attività principale dell’impresa commerciale, di svalutarne e svilirne i prodotti, il loro prezzo e la qualità percepita.