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Veda…

…se mi dessero un’edicola da gestire, la farei fallire in 5 minuti.

 

Così pare dicesse l’Avvocato, naturalmente con la erre moscia. Così come “solo le cameriere si innamorano” e altre amenità.

Molti lo ricordano per l’orologio sopra il polsino della camicia, per l’utilizzo dell’elicottero come skylift e per altre cose che facevano di lui un esempio di stile da imitare; più in generale è certo che di lui si rammenta l’enorme carisma esercitato a ogni livello, politico e sociale.

Probabilmente sono in pochi a ricordare la frase con cui inizia la newsletter di questa settimana e ancora meno a rammentare o forse anche solo sapere come avvenne che Romiti arrivò in Fiat e la salvò dal fallimento. Pare che Enrico Cuccia, non ancora presidente onorario di Mediobanca verso la fine della carriera ma Consigliere delegato (non sono sottigliezze giuridiche), abbia telefonato all’Avvocato dicendogli: “Non ci capisco nulla nei tuoi conti, ti mando uno bravo.” Romiti, appunto.

Mediobanca ha sempre sostenuto Fiat, finanziariamente e non solo, mettendoci la faccia, come si suol dire, quando serviva un capitale reputazionale da spendere. Eppure si dice che Romiti gestisse la Fiat, sì, ma per conto di Cuccia, non dell’Avvocato e della famiglia.

Difficile non pensare, vent’anni dopo la morte dell’Avvocato (a proposito: uno bravo servirebbe anche per i conti della Juve…) alle prescrizioni contenute negli Orientamenti EBA in materia di credito, laddove si raccomanda di verificare l’adeguatezza della preparazione dell’imprenditore a portare avanti l’impresa.

Non sarebbe questa la sede per ricordare i meriti di Romiti, che peraltro lavorava in perfetta simbiosi con l’Avvocato, né per sottolineare scelte fondamentali -le iniezioni di liquidità fatte dai libici in Fiat, la ristrutturazione del Gruppo etc…- o bizzarre, come la diversificazione nell’alimentare mediante l’acquisto di una partecipazione in Danone (sic). Romiti ci sapeva fare, pur commettendo, come tutti, errori gravi, come la cacciata di Ghidella.

“Ti mando uno bravo” rimane però, per molte imprese, poco più che un pio desiderio, un miraggio, un’esigenza nemmeno troppo palese. Se non so di avere bisogno di qualcosa, nemmeno me ne curo o cerco di ottenerlo.

Abbiamo detto degli Orientamenti, e ancora ne diremo: ma dovremmo anche e soprattutto parlare di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili. Se Cuccia, che era Cuccia, non ci capiva nulla nei bilanci Fiat, chissà cosa direbbe di molti bilanci che si leggono ora, 30 anni dopo?

Eppure il tema è assai caldo.

Un’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione dell’8 novembre 2022 (1387/2023), in relazione a un fallimento avvenuto nel 2009, condanna la banca per concessione abusiva di credito in quanto avrebbe omesso, disattendendo le Istruzioni di Vigilanza, di “acquisire la documentazione reddituale che avrebbe consentito di avere una rappresentazione più veritiera della situazione economica rispetto al documento di esercizio e di valutare la situazione patrimoniale della società.”

Sintetizzando dal linguaggio giuridico mi permetto di sottolineare quanto segue:

  1. ci vogliono tutti i documenti “reddituali”, ovvero quelli che consentono di capire se il business model funziona, anche quelli che consentono di dire che ci sono politiche di bilancio, che vanno evidenziate;
  2. il business plan non è un’opzione;
  3. i flussi di cassa vengono fuori dal reddito;
  4. la valutazione della sostenibilità dei prestiti consegue da tutto questo.

Allora, forse, il tema degli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili non riguarda solo gli amministratori delle società o le imprese in generale.

O no?

Si accettano obiezioni, soprattutto da direttori commerciali restii a chiedere alle imprese affidate qualcosa di più del minimo sindacale, talvolta nemmeno quello.

O magari, per una volta, da imprenditori, per i quali tirare a campare è meglio che tirare le cuoia, perché la loro azienda è un “gioiellino”.

Scriveteci, vi risponderemo.