skip to Main Content

Perché è importante fare attenzione alle variazioni dell’indice di indebitamento?

L’indice di indebitamento misura il rapporto che esiste tra debiti finanziari lordi (o posizione finanziaria netta se credibile e difforme in modo rilevante dai primi) e capitale di rischio.

Su questo tema si sono spesi fiumi di parole e rappresenta uno degli argomenti più trattati a livello scientifico, accademico e di prassi professionale.

È un indicatore che le banche usano per attribuire un certo grado di rischiosità ai clienti, praticando un tasso di interesse adeguato caso per caso, ed è molto utilizzato nella predisposizione dei modelli di rating interni. Allo stesso modo delle banche il quoziente di indebitamento rappresenta un valore significativo anche per gli altri stakeholder finanziari di un’azienda come assicurazioni del credito, fornitori e partner commerciali.

Si può affermare che il migliore livello di indebitamento è quello più basso possibile? Si, ma non sempre. Vi spieghiamo perchè.

Quando si parla di livello di indebitamento ottimale per un’azienda?


Facendo riferimento ad applicazioni pratiche e a verifiche empiriche (ma combinate con la valutazione della performance aziendale) l’indice di indebitamento che denota maggiore solidità aziendale è quello pari o inferiore a uno.

Per valori compresi fra 1 e 2 la valutazione è di normalità (Mediobanca afferma tuttavia di esser 1,5 la soglia massima da non oltrepassare), oltre il 2 l’impresa si deve ritenere molto indebitata. Va premesso però che in qualsiasi azienda avere un indice basso o anche nullo non è di per sé segnale di una buona gestione.

Guardando l’ambito del commercio retail guardiamo all’esempio di una società attualmente quotata in Borsa e dalle ottime prospettive, nata dall’acquisizione di un’altra società attiva nel settore della GDO (non food) che aveva debiti finanziari solo perché l’azionista di controllo ogni anno procedeva ad aumenti di capitale.

Come l’assenza o quasi di debiti non identifica automaticamente una buona gestione sotto il profilo economico e finanziario, allo stesso modo un elevato indebitamento non significa mala-gestione.

Una questione di equilibrio economico e finanziario


L’indice di indebitamento deve essere valutato verificando l’esistenza delle condizioni di equilibrio economico e finanziario, ovvero la misura della redditività operativa e la capacità dell’impresa di produrre autofinanziamento mediante la gestione corrente.

Si deve tenere presente che un capitale investito elevato richiede necessariamente un maggior livello di capitale di rischio (e relativo basso indice di indebitamento). Una situazione che si presenta di rado nelle aziende commerciali, soprattutto quando sono coinvolte in acquisizioni di uno o più punti vendita.

La maggiore redditività richiesta dal livello di capitale investito può imporre, almeno nelle fasi iniziali dell’investimento, la ricerca di una migliore capacità di assorbimento degli oneri finanziari. Quest’ultimo è un fattore che si può ottenere in linea di principio solo mediante un più alto capitale di rischio.

La nostra pluriennale esperienza ci ha insegnato che si possono presentare casi di aziende con elevatissimi indici di indebitamento, capaci tuttavia di azzerare o ridurre in modo molto significativo il debito finanziario grazie a una buona gestione (e nonostante la modestia del capitale investito).

Inoltre è facile imbattersi in situazioni nelle quali, a fronte di un livello di indebitamento ritenuto corretto e quindi pari o inferiore a uno, la mancanza di equilibrio economico e finanziario porti al fallimento dell’impresa.

I parametri da tenere in considerazione per un indice di indebitamento ottimale


L’indice di indebitamento ideale, in prima approssimazione e fatta salva la necessaria verifica dei numeri (da far effettuare a un consulente aziendale), deve tenere conto almeno di due parametri:

  1. la redditività del capitale investito o ROI
  2. il rapporto tra capitale investito e fatturato

Se il rapporto tra capitale investito e fatturato risulta elevato, diventa consigliabile una struttura finanziaria orientata al capitale proprio, con un indice di indebitamento basso.

In alcuni settori, in primis quello commerciale dove la figura del proprietario corrisponde a quella dell’imprenditore (l’owner-manager), un ulteriore fattore di valutazione deve essere rappresentato dalla redditività del capitale proprio o ROE.

In presenza di una elevata redditività del capitale proprio potrebbero divenire interessanti considerazioni basate sulla possibilità di ritrarre rendimenti elevati dall’investimento nella propria azienda. Tutto questo deve essere ragionato anche alla luce della necessità di diversificare il proprio portafoglio e di evitare la “classica” confusione che si verifica nelle PMI tra patrimonio aziendale e patrimonio personale del titolare e/o dei soci familiari.

È difficile sostenere aprioristicamente quale sia la migliore struttura finanziaria per l’azienda e quindi quale debba essere l’indice di indebitamento più adeguato.

Però si può sempre affermare che quando il rendimento del capitale è pari o inferiore al costo del capitale, anche il semplice innalzamento della quota di capitale di rischio (e l’abbassamento del livello dell’indice di indebitamento) non basterebbe a riportare l’azienda sui binari di un solido equilibrio economico e finanziario. Questo rende necessario concentrarsi sulle carenze della formula competitiva, sul tipo di mercato di riferimento, sulla combinazione costi-ricavi e sul ciclo economico e finanziario.

Un basso indice di indebitamento non basta a dire che l’azienda è ben gestita, ma un elevato indice di indebitamento può perfettamente coesistere con l’equilibrio economico e finanziario a condizione che l’azienda veda rispettate due condizioni:

  1. un basso livello di capitale investito
  2. un rendimento del capitale superiore al costo del capitale