skip to Main Content

La crisi d’impresa non è un treno diretto all’inferno

La concezione secondo la quale la crisi d’impresa avrebbe come unico epilogo il fallimento è del tutto errata e fuorviante. Al contrario, è possibile porre in essere delle azioni volte a determinare un’inversione di tendenza e a ripristinare gli equilibri aziendali.

Non solo, è anche possibile prevedere e, in alcuni casi, eliminare (quasi) del tutto l’insorgenza di uno scenario di crisi. Vi state sicuramente chiedendo quanto ciò possa essere credibile e attuabile, osservando l’elevato numero di imprese che versano tensioni di vario genere.

La risposta non è né mirabolante né stupefacente, ma piuttosto semplice e correlata alla consulenza.

Ebbene si, molte delle crisi aziendali sono state determinate dal fatto che il management abbia attuato delle decisioni con la completa mancanza di una serie di informazioni e valutazioni che solo un’adeguata attività di consulenza avrebbe potuto garantire.

Fino a ora tale aspetto ha rivestito un ruolo del tutto secondario. Se da un lato gli imprenditori raramente si sono affidati al giudizio di un esperto, dall’altro c’è stata una scarsa attenzione alla prevenzione dello stato di crisi aziendale da parte del legislatore che, invece, ha sempre spostato il focus sulla principale conseguenza piuttosto che sulle cause scatenanti.

Ora le cose stanno cambiando: vediamo in che modo.

La riforma fallimentare: non solo vincoli ma anche opportunità


La riforma fallimentare che entrerà in vigore il 15 agosto 2020 si propone due obiettivi: prevenire le situazioni di crisi d’impresa e cercare di risolvere quelle già in essere senza dover necessariamente avviare la fase di liquidazione giudiziale (per intenderci, ciò che più semplicemente è detto fallimento).

Cerchiamo di vederci più chiaro.

Questa nuova riforma si ispira ai principi delle discipline aziendali incentrati su un’attività di pianificazione, gestione e previsione degli scenari futuri, fattori che costituiscono un’importante base informativa cui far riferimento nelle scelte manageriali.

In questo senso il codice della crisi d’impresa introduce una serie di indicatori che hanno lo scopo di segnalare tempestivamente eventuali squilibri aziendali in modo da potervi porre rimedio prima che sfocino in una situazione di crisi conclamata.

È importante precisare che l’esclusivo ricorso a tali indicatori non aiuta ad annullare la probabilità che insorgano delle difficoltà aziendali ma ha piuttosto lo scopo di favorirne la precoce manifestazione e, di conseguenza, aumentare la probabilità che la fase di risanamento abbia successo.

Giunti a questo punto della lettura avrete sicuramente compreso che – per quanto gli squilibri aziendali possano essere colti in anticipo rispetto al passato – non viene meno l’impatto negativo (anche a livello psicologico) che discende da tale condizione.

Una nuova sfida: prevenire la crisi d’impresa è meglio che curare


Se “prevenire è meglio che curare” ha una comprovata valenza per gli esseri umani dal punto di vista della salute fisica, perché mai non dovrebbe averla anche per le imprese?

La logica di fondo è abbastanza semplice: prevenire situazioni di squilibrio in ambito aziendale significa monitorare continuamente il relativo andamento ed essere coadiuvati da esperti nelle decisioni che riguardano l’azienda. E ciò assume una rilevanza ancora più importante per le piccole e medie imprese.

Quale sarebbe la sfida in tutto questo? Innescare un cambiamento della mentalità imprenditoriale. Si tratta di realtà spesso governate da pochi soggetti se non addirittura da uno solo che – essendo fermamente convinti di poter cogliere l’andamento del settore in cui si è attivi o avere tutti gli strumenti a disposizione per effettuare delle valutazioni – si dimostrano restii a “chiedere aiuto” a soggetti esterni alla propria impresa. E di conseguenza a sopportare anche ulteriori costi.

Operando in questo modo però si dimenticano completamente due aspetti fondamentali.

  • l’ambiente in cui opera l’impresa è estremamente dinamico e cogliere i vari trend o prendere le giuste decisioni potrebbe non essere così semplice
  • la consulenza aziendale implica il sostenimento di un costo che, tuttavia, è certamente meno oneroso dello scenario di crisi

È risaputo che la prevenzione sia costosa ma è altrettanto sicuro che il corrispettivo da pagare sia meno dispendioso del costo di una crisi d’impresa.

Un decisivo cambio di mentalità (e prospettiva)


Cambiare la mentalità significa dar vita a un processo che porti l’assetto proprietario delle società (soprattutto delle piccole e medie imprese) a comprendere l’importanza vitale rivestita dalla consulenza per il proseguimento dell’attività d’impresa.

La riforma fallimentare ridisegna anche il ruolo assunto dal professionista e invita le imprese ad adottare al proprio interno una metodologia incentrata sui principi economico-aziendali (gestione del cash flow, pianificazione, controllo, ecc).

Chiaramente non si tratta di competenze a disposizione di ogni imprenditore e l’intento che si intende perseguire riguarda proprio quel cambiamento dell’ottica di governo dell’impresa di cui abbiamo parlato.

Ciò è assolutamente in linea con il duplice obiettivo della riforma che, ricordiamolo, intende far emergere tempestivamente la crisi d’impresa (favorendo misure di risoluzione extra giudiziali) e, soprattutto, adottare degli strumenti di prevenzione volti a cogliere quei rischi misurabili e suscettibili di essere eliminati o ridotti.

Quanto delineato dal legislatore è del tutto fattibile. L’introduzione di nuove misure, nuovi obblighi di controllo interno e un nuovo ruolo designato al professionista, come può essere R&A Consulting, agevolano il cambio di rotta da tempo auspicato proprio perché tutto ciò che è misurabile può essere di conseguenza governato. Anche la crisi aziendale e così pure la sua prevenzione.